Prosegue la collaborazione con il David Giovani, che quest’anno ha visto classificarsi in prima posizione, per il Piemonte, la giovane Saggiorato Camilla Diatou dell’IISS Baldessano/Roccati di Carmagnola.
La vincitrice ha partecipato alla giuria giovani del Festival del Cinema di Venezia.
Qui di seguito il testo vincitore, incentrato sul film Io capitano di Matteo Garrone:
Voi ce l’avete un sogno? Uno di quelli grandi, immensi oserei dire. Sogni con ali gigantesche che possono salvarti oppure farti precipitare tra le oscure pieghe di un destino ormai inevitabile.
“Io capitano” racconta la storia di uno di questi sogni, liberi nel cielo se non fossero intrappolati dalle catene immaginarie che li delimitano. Ma se spezzassimo quelle catene? Se andassimo oltre il confine che ci imponiamo, per farli diventare realtà?
Seydou e Moussa desiderano solo una cosa: venire in Europa. Questo è lo stesso sogno di migliaia di altre persone che vogliono migliorare la propria vita.
Lo stesso sogno che aveva mia mamma ormai 30 anni fa.
Anche lei come i due protagonisti del film è venuta in Italia proprio dal Senegal portando con sé la sua grande perseveranza e voglia di riscattarsi
Forse è per questo che ho sentito questo film davvero mio.
Le scene iniziali del film, girate in Senegal hanno risvegliato in me ricordi d’infanzia e in mia madre la nostalgia di casa. Ricordo perfettamente l’atmosfera che si respira lì e i valori che traspaiono da ogni gesto. Famiglia, ospitalità, leggerezza.
Matteo Garrone è riuscito a trasmettere in modo impareggiabile queste caratteristiche. Mi ha fatta ritornare a quando avevo 10 anni e giocavo con i miei cugini, a quando le mie zie ballavano insieme con il ritmo dei tamburi in sottofondo, alle risate, alla spensieratezza.
E poi il buio. Il viaggio. La paura.
Mia mamma mi ha raccontato di alcune persone che hanno intrapreso quella tratta e io stessa conosco zii che sono in grado di raccontarlo. Ma non avevo mai visto così chiaramente come stessero davvero le cose. Nel film questa realtà viene presentata in una maniera così diretta da far male.
Pensare che nel mondo esistano ancora questo genere di situazioni vissute da altri esseri umani è rivoltante, è disumano. Ma sono contenta che questo film abbia fatto trasparire in questo modo la realtà dei fatti.
Per questo tra i tanti film straordinari in gara, tra i quali “c’è ancora domani”, che racconta una vita che sembra lontana nel tempo ma che in realtà è molto vicina alla nostra quotidianità, o “Grazie ragazzi”, che tratta il riscatto e di come esso può arrivare nei modi più inaspettati, ho scelto di votare “Io capitano”. Perché nell’intessitura di una storia tanto dolorosa c’è la verità di chi non ha voce. O di chi ce l’aveva ma non ha fatto in tempo a tirarla davvero fuori.
Si può essere a tal punto animati da una tale forza, in grado di sopportare ogni tipo dolore, in grado di permetterci di spiccare il volo?
A mio parere, tutte le persone che decidono di intraprendere questo viaggio la possiedono.
Ma non tutti riescono a volare.
Perché a volte la forza non basta. Non basta nel bel mezzo di un mare in tempesta, quando si è circondati da persone che temono quanto te.
Donne, uomini e persino bambini persi per sempre non perché non avessero ali abbastanza grandi ma piuttosto perché i trafficanti non erano stati pagati abbastanza, perché il cibo e l’acqua non erano stati sufficienti, perché la stanchezza aveva avuto la meglio, perché si era davvero in troppi su quella barca che non era grande abbastanza da sopportare il peso di tutti quei sogni…
Moussa e Seydou ci sono riusciti. Hanno attraversato il deserto, hanno sopportato le torture, la fame, la sete e il Mediterraneo, nella sua piccola immensità.
Alla domanda “cosa ti è piaciuto di più del film?” non saprei rispondere perché mi è piaciuto tutto, ma alla domanda “che cosa ti ha trasmesso?” darei una risposta ben precisa.
La luce. Quello che non cambia nel corso di tutto il film, dall’inizio alla fine, dal Senegal alla Libia all’Italia, è la luce che traspariva dagli occhi dei due protagonisti.
Non li ha mai abbandonati quel luccichio di chi vuole farcela, di chi brucia dal desiderio di libertà, di chi sa che la vita che lo aspetta sarà sicuramente meglio di quella che lo ha lasciato.
Questa luce è più debole in alcuni momenti, per l’uno o per l’altro, ma hanno saputo tenere accesa la fiammella anche nei momenti più ardui, sono riusciti a ripararla dal vento di ciò che hanno subito e dalla paura di ciò che ancora doveva accadere. Ma non si è mai spenta. Mai.
La luce di chi non si arrende.
“Io capitano” perché Seydou è diventato il capitano di quella barca nel Mediterraneo ma anche della sua vita.
“Io capitano” perché ci è riuscito.
Spero che tutte le persone accese dalla sua stessa fiamma possano diventarlo.
Il buio attorno non rispecchia la luce della speranza dentro ciascuno,
tanti destini, tante vite che convogliano qui e ora
come inesorabilmente legate assieme dal filo sottile di un sogno comune
Cosa fare quando la paura copre con il suo manto ogni altro movimento?
Quando tutto sembra così lontano, già il ricordo di una vita passata,
Quando qui vicino gli spiriti della morte ballano dinnanzi ad un corpo sconfitto,
Quando all’orizzonte non si vede nulla se non flutti scuri e freddi
che preannunciano un inatteso per sempre?
Resistere.
Crederci.
Continuare a sognare.
Al ricordo di tutte quelle persone dalle ali spezzate.